Megaride è l’isola minore del Golfo di Napoli su cui sorge il Castel dell’Ovo. In origine separata dalla terraferma da un breve braccio di mare, ma oggi tutt’uno con essa. L’isola era ricoperta da una fiorita superficie di aranceti, canneti e bassissimi arbusti tipici della macchia mediterranea. Megaride fu agli albori, giaciglio delle Nereidi e delle Driadi, le figure mitologiche delle ninfe marine e vegetali. Ma, secondo leggenda, a sconvolgere la tranquillità fu Lucio Licinio Lucullo, un forte guerriero dell’età imperiale romana che edificò la Villa-fortezza di Megaride. La villa ospitava una tra le più ricche e selezionate biblioteche private dell’antichità, allevamenti di murene, frutteti di ciliegie per cui Lucullo infranse la dimora delle ninfe oceanine e vi disegnò personalmente, i prati, i boschetti di rose e i gradini che scendevano fino al mare. Scacciati gli dei e la loro corte, Lucullo sistemò le sue bellissime schiave in giardini degni di un imperatore, murene nei vivai delle grotte di coralli e di alghe verdi, i più rari ed esotici volatili nelle uccelliere, i più colti e raffinati musicisti negli archi a tutto sesto. La Villa di Megaride fu nota per le sue feste e baccanali, per le sue magiche luminarie, per i suoi gustosi banchetti, per le sue maestose scenografie teatrali; ma, ancor di più, lo fu per la bellezza mondana che ospitò: Servilia, la sua bellissima moglie, sorella di Catone. La sua bellezza fu tale, da far disperare poeti e artisti e perfino gli dei. Servilia distesa sul leto, vestita di stoffa tessuta d’oro, lasciandosi sventolare dalle schiave mormorò fra sé <>. Lo schiavo innamorato disse << Servilia quando solleva un cespo di fiori è bella come Flora; quando sceglie in un cestello la pesca matura, è bella quanto Pomona; quando porta sui capelli la brillante mezzaluna e al fianco la faretra, è bella quanto Diana; quando senza ornamenti, si lascia asciugare dalle schiave e s’avvolge nella tunica bianca, è bella come Venere, anzi più bella di Venere >>. Tutto ciò fu udito dalle attente ninfe oceanine, Venere si sentì offesa da Servilia e Poseidone questa volta diede ascolto alla preghiera della sua bella amante”, condannando l’isolotto di Megaride all’erosione e alla futura scomparsa.
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